LE MALATTIE - SOMMARIO:

 

In questa pagina cercheremo di illustrare il più dettagliatamente possibile (rimanendo però anche nel comprensibile) quelle che sono le principali malattie dei Gatti Norvegesi delle Foreste in modo che sia evidente come la prevenzione ed il porre in essere di determinate strategie ed analisi sia fondamentale per la salute dei nostri gattoni.

Il Gatto Norvegese, non diversamente dalle altre razze di gatto, può contrarre malattie comuni alla sua specie, ma anche specifiche della propria razza. Adulti e cuccioli sono esposti a queste malattie che possono rivelarsi davvero tremende e dagli esiti molto spesso fatali.

Ecco dunque nello specifico cosa sono, cosa fanno, come si prevengono e, ove possibile, come si curano le temutissime FIV, FeLV, HCM, PKD e GSD IV.

 

FIV - Feline immunodeficiency virus    (TORNA ALL'INIZIO)

COS'E':

Il Virus dell'immunodeficenza felina (FIV), conosciuto anche come AIDS Felino, è un lentivirus (virus della famiglia dei retrovirus che agisce con decorso lento dopo una lunga incubazione) che interessa i gatti domestici di tutto il mondo. Circa l'11% dei gatti nel mondo (più o meno a seconda delle aree geografiche) ne sono affetti. La FIV differisce per classificazione dagli altri due retrovirus felini (FeLV e FFV). Al suo interno la FIV si suddivide in altri cinque sottotipi identificati.
LA FIV non è di per sé una sentenza di morte per il gatto, infatti essi possono vivere relativamente in salute per molti anni come portatori (i così detti carriers) della malattia. Il vaccino è disponibile sebbene la sua efficienza rimanga incerta, e comunque i gatti rimangono positivi al test anche dopo la vaccinazione.

TRASMISSIONE:

FIV e HIV sono entrambi lentivirus, tuttavia gatti ed umani non possono infettarsi vicendevolmente. La FIV viene trasmessa in via primaria dalla saliva, ad esempio tramite ferite da morso profonde che possono essere provocate dalle dispute territoriali tra maschi. I gatti esclusivamente domestici sono verosimilmente molto meno esposti, a patto che non entrino in contatto con elementi infetti. Ferite di questo genere sono comunque estremamente rare, ad eccezione che fra i gatti maschi non sterilizzati che vivono liberi e vagabondi. Altre vie possono essere le trasfusioni di sangue.

PREVENZIONE:

Il vaccino disponibile è moderatamente protettivo (80-100%) contro il sottotipo B, ma ha poco o nessun effetto per il tipo A. Allo stesso tempo, facendo i vaccini risultare i gatti positivi al test, rendono più difficili le diagnosi conseguenti.
Per queste ragioni il vaccino non è considerato assolutamente indispensabile e la decisione di somministrarlo dovrebbe essere presa dopo una valutazione dei pro e contro col veterinario.

EFFETTI:

La FIV attacca il sistema immunitario del gatto in modo molto simile a quanto fa il virus umano dell'immunodeficienza (HIV). Inizialmente può essere ben tollerato dai gatti, ma col tempo porta alla debilitazione del sistema immunitario dell'ospite felino a causa dell'infezione e dell'indebolimento delle cellule proprie del sistema immunitario (T-Helper).
Se sia giusto o meno sopprimere i gatti affetti da FIV, non trova unanimità di consensi, sebbene questo sarebbe un metodo pragmatico per proteggere il resto della popolazione felina ed è una opzione per quegli animali che risultassero positivi nei gattili. Chi ha un gatto con FIV ed è un padrone attento, può assisterlo con successo e dargli una aspettativa di vita ragionevolmente lunga.
La malattia si manifesta in tre stadi: il primo è detto "Stadio Acuto" (1-2 mesi dopo la trasmissione) ed è caratterizzato da febbre e depressione, si osserva inoltre un ingrossamento generalizzato dei linfonodi. Il secondo stadio è detto "Stadio Subclinico" (dura da 1 a X mesi dopo la trasmissione), durante il quale i sintomi si riducono o scompaiono pur tuttavia lasciando il gatto viremico. Il terzo ed ultimo stadio detto "Stadio Cronico" è quello in cui il gatto può soccombere alle infezioni a causa dell'avvenuto indebolimento delle proprie difese immunitarie. Ciò significa che possono ammalarsi facilmente di stomatite, odontoclasia, peridontite, gengivite, rinite, congiuntivite, polmonite, enterite e dermatite.
LA FIV infetta anche altre specie feline ed infatti è endemica in alcuni grandi felini come il leone africano. Diversamente dai gatti domestici però, questi grandi felini non manifestano necessariamente sintomi forse a causa di mutazioni evolutive sviluppate che conferiscono loro adeguata resistenza.

(Liberamente tratto da en.wikipedia.org)

 

FeLV - Feline leukemia virus    (TORNA ALL'INIZIO)

COS'E':

E' un retrovirus che infetta i gatti. Come retrovirus, l'informazione genetica del FeLV è portato dall'RNA anzichè dall'DNA. E' trasmesso di norma da gatti infetti attraverso saliva o secrezione nasale, ad esempio mediante la condivisione di cibo nello stesso piattino.
Se non sconfitto dal sistema immunitario dell'animale, questo virus può avere esito letale.
L'infezione è un virus, non un cancro. Il nome deriva dal fatto che la prima malattia causata da esso e che ad esso fu associata, fu una forma di leucemia e quando si capì che il virus non era leucemia, il termine improprio aveva già preso piede nel parlare comune.

TRASMISSIONE:

Come dicevamo, i gatti infetti da FeLV passano l'infezione condividendo il cibo ma anche mordendo altri gatti, attraverso la lettiera, con il mutuo leccarsi od anche allattando. Tra mamma e gattino, l'infezione può avvenire direttamente anche durante la gestazione.
Il virus sopravvive non più di 2 ore in ambiente extracorporeo secco ed al massimo 48 in uno umido (come la lettiera).
Il FeLV causa l'immunosoppressione nei gatti domestici e c'è anche riprova dell'esistenza di questo virus anche tra i felini selvatici quali Lince, Ghepardo e Leone.
Questa malattia non è trasmissibile all'uomo. Solo lo 0.5% dei gatti è infetto da FeLV, ma moltissimi (più del 35%) hanno sviluppato anticorpi specifici (immunoglobuline) ad indicare precedente esposizione all'infezione e conseguente sviluppo di immunità.
Studi approfonditi mostrano che i gattini sotto i 4 mesi di vita sono molto suscettibili all'infezione, mentre a 8 mesi sono in genere resistenti. Per questo è bene pensare di tenere in casa (dove il rischio è minimo) i piccoli fino ad un'età di 8 mesi.
L'infezione è di gran lunga più probabile nei centri abitati che nelle zone rurali e ciò è dovuto alla quantità di contatti in più che i gatti possono avere uno con l'altro.
Esistono quattro sottogruppi di FeLV: A, B, C e T, ma solo quello del tipo A è trasmissibile tra gatti.

EFFETTI:

L'effetto dell'infezione può avere molti esiti: il gatto può combatterlo e vincerlo divenendone totalmente immune; può diventare portatore sano oppure anche ammalarsi danneggiando il proprio sistema immunitario.

Ci sono molti possibili modi riguardo a come il sistema immunitario del gatto può reagire con successo al virus, Fatto 100 il numero dei gatti che si infettano, circa il 40% dei gatti riescono a debellarlo. Tra questi, il 16% lo scacciano a causa di una esposizione minima ad esso, mentre il restante 24% resistono al virus durante la sua quarta fase (che vedremo in seguito). Tutto ciò accade normalmente tra le 16 e le 18 settimane dall'inizio dell'infezione.
Circa il 20% riesce a ridurre il virus ad una condizione di latenza, nella quale rimane finché il gatto non viene stressato, cosa che potrà provocare la riattivazione del virus. Tra il 5 ed il 10% dei gatti passano attraverso un periodo durante il quale la viremia è limitata, intermittente o del tutto assente. Circa il 30-35% dei gatti invece, passano attraverso tutti gli stadi della malattia, dall'inizio alla fine che purtroppo sfocerà nella loro morte.
Una volta che il virus è entrato nel gatto, si riscontrano 6 fasi:

Fase uno: è quella dell'entrata del virus che normalmente avviene attraverso la faringe dove vengono infettate le cellule epiteliali i macrofagi ed i B-linfociti tonsillari. Queste cellule filtrano poi nei linfonodi e cominciano a replicarsi.
Fase due: qui il virus entra nel flusso del sangue e si comincia a diffondersi per tutto il corpo.
Fase tre: comincia quando il sistema linfatico (produttore di anticorpi per l'attacco a cellule infette o cancerogene) si infetta con ulteriore diffusione nel corpo.
Fase quattro: è quella principale dell'infezione, dove il virus, prendendo il controllo sul sistema immunitario causa la viremia. Durante questa fase si infettano il sistema emolinfatico e l'intestino.
Fase cinque: se il sistema immunitario del gatto ha perso la battaglia, si entra in questafase dove anche il midollo osseo viene infettato. A questo punto il virus rimarrà col gatto per il resto della sua vita. In questa fase il virus si replica e tra i quattro ed i sette giorni più tardi dilagehrà trasportato nei globuli bianchi del sangue ed a volte nei linfociti e nei monociti (globuli bianchi del midollo).
Fase sei: in questa fase il corpo del gatto è stato sopraffatto dall'infezione e verranno infettate le cellule epiteliali delle mucose e glandolari (tessuti che formano un sottile strato protettivo sulle superfici corporee esposte e formano il rivestimento di cavità interne, condotti ed organi). Si infetteranno i tessuti epiteliali di molti organi, dallo stomaco all'esofago, dagli intestini ai reni etc.

Gatti che siano diagnosticati infetti in modo permanente, possono morire entro qualche mese come rimanere asintomatici per anni (anche quattro). Il decesso può avvenire per leucemia, linfoma, ed anemia non rigenerativa.

PREVENZIONE:

Sono disponibili vaccini per la FeLV, sebbene nessuno di essi offra il 100% di protezione dal virus. Inoltre, in una piccola percentuale di gatti, si verificheranno seri effetti collaterali conseguenti la somministrazione come lo sviluppo di sarcomi, un tipo di tumore aggressivo, attorno al luogo dell'iniezione. Ciò è probabilmente dovuto ad infiammazione causata dalla presenza di additivi a base di alluminio nel vaccino. Ve ne è un altro tipo derivato dal canarypox virus (un virus degli uccelli) che viene ritenuto più sicuro, non avendo bisogno di additivi, ma è comunque un virus attivo anche se di origine aviaria e non si replica tra i mammiferi.

VIGILANZA E TERAPIE:

Un gatto infetto da FeLV può non mostrare alcun segno della malattia. Il virus in sè non uccide il gatto: si limita a compromettere il sistema immunitario e ciò rende molto facile per l'animale contrarre ogni tipo di altra infezione che, senza le naturali difese, andrà prima o poi verosimilmente fuori controllo.
Una semplice ferita da artiglio potrà sfociare in una infezione dall'esito incontrollabile.
Sono queste infezioni e la probabilità dell'insorgenza del cancro che comportano i principali problemi di terapia. Un gatto FeLV positivo potrà morire sei mesi, due anni o dieci anni dopo aver contratto il virus.
Siccome normalmente i gatti, fino alla fase finale non appaiono malati, è importante porre attenzione giornaliera alle condizioni del proprio gatto. Questi dovrebbe essere regolarmente esaminato alla ricerca di aree doloranti o gonfie. Se l'animale dovesse mostrare questi sintomi, occorrerà consultare il veterinario.
Il trattamento consiste in un ciclo di antibiotici contro le infezioni batteriche, che a volte si protrarrà più del normale, a causa della difficoltà nell'eliminare l'infezione.
Per intendersi sulla facilità di contrarre infezioni, può essere una buona idea eliminare da casa i tiragraffi, poichè quando il gatto si fa le unghie, esse tirandosi alla loro base, causa una piccola apertura della pelle. Ciò è sufficiente per far entrare batteri in grado di causare infezioni.
Il gatto dovrà inoltre ricevere il massimo supporto possibile al proprio sistema immunitario, e per questo, additivi alla nutrizione si possono rivelare validi (colostro, estratti di alcuni funghi, piante e vitamine per gatti.
Il gatto FeLV-positivo è soggetto a gengiviti persistenti ed altri problemi dentali (che sono tra i primi sintomi visibili di FeLV e FIV).
L'interferone (però piuttosto costoso), è consigliato. Quando usato nel trattamento durante stadi non-terminali, si riscontra un notevole miglioramento nel tasso di sopravvivenza; nei gatti non anemici, la mortalità si riduce dal 50% fino anche al 20%.

(Liberamente tratto da en.wikipedia.org)

 

HCM - Cardiomiopatia Ipertrofica   (TORNA ALL'INIZIO)

COS'E':

La Cardiomiopatia Ipertrofica è una malattia genetica che colpisce gatti, cani, suini e uomo. Come si trasmetta attraveso le generazioni non è ancora perfettamente chiaro.
Sin dagli anni 70 si sa che per il gatto, l'HCM è causa comune di infarto, trombi e morte improvvisa. Negli USA è stato effettuato uno studio approfondito sui gatti Maine Coon dal quale emerge che la malattia sembra venire ereditata grazie ad un singolo gene dominante.

EFFETTI:

L'HCM si caratterizza per un inspessimento anormale del muscolo cardiaco, principalmente verso la punta sul lato sinistro del cuore. A causa di questo inspessimento, il cuore diventa meno elastico e di conseguenza il cuore si riempie con meno facilità. Una seconda conseguenza è che vi è meno spazio per il sangue nel ventricolo, il che significa una minor quantità rispetto al normale di sangue pompato in circolo ad ogni battito. Inoltre il muscolo inspessito, può causare delle turbolenze nel flusso sanguigno o delle infiltrazioni nelle valvole cardiache. Ciò può causare un rumore del cuore che può essere rilevato dal veterinario mediante l'uso dello stetoscopio.
Alcuni gatti affetti da HCM possono sviluppare liquido nei (od attorno ai) polmoni, cosa che conduce a difficoltà respiratorie, mentre altri possono non mostrare alcun sintomo evidente, ma tutti sono a rischio di morte improvvisa principalmente dovuta ad aritmie molto acute. Alcuni gatti sviluppano inoltre coaguli che possono causare paralisi delle zampe posteriori.
L'HCM non è un difetto congenito, ma una malattia che si sviluppa molto lentamente. I gatti che ne sono affetti, normalmente non ne mostrano i segni prima dei sei mesi, e possono essere necessari più anni prima di poter diagnosticare l'HCM. Per questo occorre effettuare delle ecocardiografie sull'animale ad intervalli regolari.

(Fonte PawPeds.com) 



PKD - Sindrome del rene policistico   (TORNA ALL'INIZIO)

COS'E':

La PKD è una malattia renale ereditaria. Già dalla nascita si è in presenza di cisti (cavità ripiene di liquidi originate dal normale tessuto renale), tipicamente localizzate in entrambi i reni.
Nei cuccioli queste cisti sono per la maggior parte molto piccole (da 1 a 2 mm), ma man mano che l'animale cresce, diventano sempre più grandi (anche più di 2 cm). In un solo rene potranno essere presenti da 20 a 200 cisti.
La PKD è ben nota anche come disordine renale negli esseri umani e colpisce oltre 5 milioni di persone nel mondo.

RAZZE PORTATRICI:

Quella del Gatto Persiano è la razza più affetta, ma dal momento che questa razza è ed è stata la più utilizzata per fare outcrossing di razze, ora si evidenziano casi di PKD anche in altre razze quali: Exotic shorthair, Selkirk Rex, British shorthair, Scottish Fold, i Birmani, i Ragdoll, gli American Shorthair, i Devon Rex e i Maine Coon. In passato i persiani sono stati usati anche tra i Norvegesi delle Foreste, gli Sphynx, gli Orientali Shorthair, i Cornish Rex, gli Abissini, i Somali, i Manx e i Burmesi.
Questo è il motivo per cui ora troviamo il PKD anche in molte altre razze.

SINTOMI:

Se un gatto mostri o meno i sintomi della malattia, dipenderà dalla dimensione e dal numero di cisti presenti in entrambi i reni. Un gatto accuserà insufficienza renale quando le cisti occuperanno nel rene, rispetto ai tessuti sani, uno spazio tale da alterare il normale funzionamento renale.
I primi sintomi di malattia si hanno tra i 3 e i 10 anni di vita, ma possono manifestarsi anche prima.
Inizialmente i sintomi sono piuttosto vaghi: un gatto berrà e urinerà più spesso del normale, l'appetito diminuirà e il pelo sembrerà meno lucido. Man mano che l'insufficienza renale peggiora, l'animale inizierà a mangiare meno, perderà peso associando a ciò episodi di vomito. A volte, si può riscontrare presenza di sangue nell'urina e potrebbe essere anche palesata una respirazione non ottimale.
Una volta manifestata la malattia è incurabile, ma con un trattamento adeguato questi animali possono ancora raggiungere considerevoli età (vedi sotto).
È importante sapere che non tutti i gatti con la PKD svilupperanno la malattia.
Animali con poche o piccole cisti, probabilmente non mostreranno mai alcun sintomo di PKD.

TRATTAMENTO:

Ad oggi, non c'è modo di prevenire lo sviluppo della PKD o di fermare la crescita delle cisti. Come misura preventiva la sola opzione dovrebbe essere quella di rimuovere i riproduttori positivi alla PKD dai programmi di allevamento. Una terapia dovrebbe essere presa in considerazione solo quando un gatto mostri i sintomi della malattia.
Animali disidratati o con vomito dovrebbero essere sottoposti a IV per un paio di giorni. Una volta che il gatto è stabilizzato, una dieta apposita è il trattamento più importante. Tale dieta deve prevedere una più bassa percentuale di proteine e meno fosforo, rispetto al normale cibo per gatti. In uno stadio avanzato, il veterinario può decidere di prescrivere medicinali addizionali come inibitori cardiaci, supplementi a base di calcio ed antibiotici, se necessario. Proprietari motivati possono somministrare fluidi ipodermici a casa.

DIAGNOSI:

Gli ultrasuoni (ecografia) sono ancora la via più veloce e conveniente per diagnosticare la PKD negli animali adulti. Molti animali non necessitano di essere sedati.
Recentemente è stato isolato da ricercatori USA il gene responsabile della PKD nei gatti.
E' ora disponibile un test commerciale che si dice sia altamente affidabile. Se un gatto sia positivo o meno alla PKD può essere determinato attraverso un campione di saliva o di sangue. Al momento, il test è sviluppato solo per Persiani ed Esotici. Naturalmente, un test del DNA come questo non darà informazioni circa la dimensione o il numero di cisti, ma sarà utile specialmente per gattini particolarmente giovani perché potrebbero avere delle cisti talmente piccole da non essere visibili ad un test ecografico, o per gatti con un risultato ecografico sospetto (per esempio, un animale con una sola cisti in un solo rene).
Per verificare invece se il gatto ha già una insufficienza renale, vanno fatti un test del sangue e uno delle urine. L'insufficienza dovrebbe essere rilevabile solo quando sono ormai coinvolti i 2/3 del tessuto normale. In tal caso, il test del sangue mostrerà i livelli bassi di globuli rossi, e livelli di urea, creatina e fosforo troppo alti. Il test delle urine mostrerà, in reni che funzionano male, livelli di queste concentrazioni sotto la norma e se ci sono segni di infezioni nel tratto urinario o perdita di proteine attraverso i reni.

EREDITARIETA':

Un gatto ha 38 cromosomi contenenti i geni, ciascuno accoppiato a formare 19 coppie (uno per genitore). Ogni gene (anch'esso duplicato) è responsabile per certe caratteristiche come ad es. il corretto sviluppo di un rene. Può accadere che ad un certo punto, qualcosa vada storto nel gene, causando un'anormalità (ad es. la formazione di cisti nei reni). Quando ciò avviene, si parla di mutazione che in quanto tale, può essere trasmessa.
La PKD è ereditaria in modo "autosomico dominante". "Autosomico" significa che l'anormalità non è fissata ai cromosomi che determinano il sesso. Quindi il sesso del gatto non ha importanza, sia maschi che femmine possono essere affetti dalla malattia.
"Dominante" significa invece che se il cucciolo ha ereditato il gene anormale da uno dei genitori, svilupperà la malattia.
Nel caso di una malattia ereditaria recessiva, sono entrambi i genitori che devono passare l'anormalità perché si riscontri nei cuccioli.
Come detto prima, ogni gene deve essere presente e duplicato. Un gene arriva dalla madre ed uno dal padre. L'ereditarietà della malattia dipende anche dal fatto che i genitori siano omozigoti, eterozigoti o liberi da PKD.
Omozigote per la PKD, significa che il cucciolo ha ricevuto due geni anomali, uno per ogni genitore. Un cucciolo simile però, non può esistere in quanto sicuramente morirebbe in tenera età od addirittura prima del parto.
Eterozigote significa che il cucciolo ha ricevuto un gene normale ed un gene PKD. Questi animali possono sia passare il gene normale, sia il gene PKD ai loro successori.
Un cucciolo negativo alla PKD significa che ha ereditato due geni normali per cui non trasmetterà mai la PKD ai suoi discendenti.

Riassumendo ecco cosa avviene in pratica:

1. PKD negativo + un genitore eterozigote: i cuccioli hanno il 50% di possibilità di ereditare la PKD
2. Madre eterozigote + padre eterozigote: i cuccioli hanno il 75% di possibilità di ereditare la PKD
3. Entrambi i genitori sono PKD negativi: tutti i cuccioli saranno PKD negativi

Quando guardiamo queste percentuali, è importante tenere presente che il calcolo delle probabilità dev'essere considerato su un largo numero di cuccioli. Quando lanciamo una moneta, abbiamo il 50% di possibilità di ottenere testa o croce. Ma è anche possibile ottenere 6 volte testa consecutivamente. In una cucciolata di 4 cuccioli che ha il 50% di possibilità di ereditare la PKD, tutti i cuccioli potrebbero esserne affetti ma con un po' di fortuna un solo cucciolo o nessuno la erediterà.
Per eliminare progressivamente la PKD, i gatti PKD positivi negli allevamenti, dovrebbero essere sterilizzati o castrati.

(Liberamente tratto da: pawpeds.com)



GSD IV - Glycogen Storage Disease IV   (TORNA ALL'INIZIO)

STORIA:

Questa malattia ereditaria è stata descritta per la prima volta negli USA negli anni '90 come caratterizzata da strani decessi in seguito a problemi neuromuscolari riguardanti unicamente gatti giovani.
Ne fu in seguito provata l'origine genetica causata gli accoppiamenti ripetuti in un troppo ristretto pool di linee di gatti delle foreste norvegesi agli inizi dell'allevamento di questa razza in Nord America.
La mutazione è stata seguita e studiata e dal '96 è disponibile il test per l'individuazione.
Sebbene i primi casi accertati europei siano stati segnalati solo nel 2005 in Germania, questa malattia è probabilmente preesistente, in quanto gli antenati dei gatti NFO Americani provengono dall'Europa. Sfortunatamente questi ultimi hanno contribuito a diffondere la mutazione tra la popolazione Europea. Dato che nessuno (né allevatore né veterinario) sapeva nulla di questo problema e che praticamente la totalità dei casi riguardava morti neonatali, in Europa la situazione era virtualmente sconosciuta.

LA GENETICA:

Come ogni mammifero, i gatti hanno coppie di cromosomi a supporto delle loro informazioni genetiche. Ogni cromosoma è composto da più geni ed i geni contengono le loro possibili varianti chiamate alleli.
Ogni gatto eredita un cromosoma dalla madre ed uno dal padre come a dire un allele materno ed uno paterno.
Questo allele si dice recessivo quando si manifesta solo se è presente due volte nello stesso animale, altrimenti si dice dominante (o co-dominante se entrambi gli alleli si manifestano contemporaneamente): la mutazione GSD IV è recessiva.
Da ciò vediamo che si possono avere tre possibilità di trasmissione:

1. Entrambi i genitori sono sani e quindi i loro cuccioli saranno anch'essi sani.

2. Se uno dei due è portatore (eterozigote), avremo il 50% di portatori ed il 50% di sani. Sfortunatamente, quando non si sa che un gatto è portatore e questi si accoppia con gatti sani, la mutazione non si manifesterà e sarà un disastro se ne seguirà molta discendenza.

3. Quando due portatori si incontrano, avranno il 25% di prole malata, il 50% di portatori ed il 25% di prole sana.

COME SI MANIFESTA:

La patologia della GSD IV consiste in una deficienza nella capacità di immagazzinare il glicogeno. I sintomi clinici sono una ipoglicemia cronica che peggiora gradualmente. In conseguenza di ciò, le manifestazioni fisiche della malattia sono di carattere neuromuscolare.
La maggior parte dei gattini nascono morti o muoiono entro breve tempo dal parto.
Ma esiste un'altra forma (più rara per fortuna) che permette al cucciolo di crescere per circa 5-7 mesi, dpopdiché ferma la crescita e comincia ad indebolirsi progressivamente manifestando sintomi quali: febbre alta (oltre i 40°) senza che i corticosteroidi riescano a ridurla. Tremori intermittenti del corpo che divengono in breve permanenti, fiacchezza intermittente, debolezza muscolare e quindi atrofia dei muscoli, contrazioni involontarie delle giunture con conseguente difficoltà di deambulazione, difficoltà nel nutrirsi (al punto da doverlo assistere), tetraplegia (paralisi di tutti e quattro gli arti).
Questa forma della malattia porta inevitabilmente alla morte entro il 10°-14° mese, quando il gatto subisce un attacco di cuore, a volte dopo un periodo di coma.
Tuttavia normalmente si decide di sopprimere il gatto prima, a causa del gran soffrire.

COME SI DIAGNOSTICA:

Si può arguire dalla lettura dei parametri di diversi tipi di analisi, ma la sola diagnosi certa è il test genetico. Attualmente solo pochi laboratori lo propongono dei quali il più noto è Antagène in Francia.

COSA FARE:

Oggi, il test genetico permette non solo di sapere se il gatto è malato, ma anche di scoprire un eventuale portatore (il così detto carrier) che in effetti è IL VERO PERICOLO per la razza. Senza tale test, nessuno può in coscienza asserire che le proprie linee di discendenza siano assolutamente sane.
Ignorando il problema della GSD IV, non si farà altro che aumentare la diffusione dei carriers. Tuttavia bisogna dire che questa malattia è auto-limitante, dato che tutti i gatti che ne sono affetti muoiono prima di poter procreare, per cui la percentuale dei portatori dovrebbe rimanere costante e ciò spiega perché "solo" il 6% dei gatti lo sono.
A questo punto si potrà obbiettare: "ma se la popolazione infetta non può crescere, perché fare il test?"
Mettiamola così: senza parlare del gattino (questione d'amore) e del risvolto finanziario della cosa (questione d'onestà), pensiamo a cosa dovrà passare in termini di pena e cosa dovrà affrontare una persona che ha comprato il cucciolo e che tre o quatto mesi dopo vedrà comparire i sintomi del male.
Di più: ogni allevatore ha responsabilità nei confronti della razza ma anche degli altri allevatori.
Ciò che è accaduto negli scorsi anni in America potrebbe benissimo essere rivissuto in altre parti del mondo semplicemente esportando un carrier in un paese dove ancora c'è solo limitato gruppo di Norvegesi.
Noi lo sappiamo e quindi dobbiamo farci carico di questa responsabilità.
Inoltre testare un gatto oggi, significa non doverne testare molti altri in futuro.

COSA FARE:

Riassumendo: che fare se uno dei miei gatti è carrier? Semplice: il gatto dovrebbe essere sterilizzato.
L'alternativa è di far accoppiare il gatto SOLO con partners provatamente sani e testare ogni suo cucciolo, destinando i carriers unicamente come mici da compagnia. E' del tutto evidente che ciò però complica notevolmente le cose e la possibilità d'errore o che qualcosa sfugga aumenta esponenzialmente.

(Liberamente tratto da www.ams-muenster.com)

 

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